Alfonso De Portago, driver viscerale
1.83 altezza, atletico con un viso spigoloso ed espressivo: più che un pilota il marchese Alfonso De Portago sembra un attore della Nouvelle Vague.
Padre spagnolo, madre irlandese: in lui convivono i geni di due dei popoli tra i più ardenti d’Europa ed ovviamente Alfonso è un matto che ama oltremodo la velocità.
La sua è una guida istintiva, priva di qualsiasi calcolo legato al rischio.
Al Marchese sembra non importare nemmeno del risultato finale: ciò che conta è l’adrenalina e le emozioni che solo un’auto da corsa spinta al massimo può dare.
Ferrari è attratto dal suo temperamento e lo prende in squadra.
Con le vetture ‘Sport’ otterrà i migliori risultati anche se purtroppo sono più le occasioni in cui lo spagnolo è andato fuori strada a causa del suo modo di correre incurante di ogni pericolo che quelle in cui ha ottenuto piazzamenti rilevanti.
Con la Ferrari di F1 otterrà uno splendido quinto posto in Grecia nel 1957.
Il suo approccio ‘dionisiaco’ va affinato ed a Maranello lavorano per far capire al nobile che, per vincere una gara, bisogna prima di tutto arrivare in fondo.
Non si può, però, cambiare la natura di un animale da gara che vive solo per l’agonismo puro e De Portago, in ogni gara, pilota come se fosse l’ultimo giorno della sua vita.
Come molti driver della sua generazione cresciuti durante la guerra, la morte è un qualcosa con la quale convivere serenamente anche se la vita la si ama in maniera profonda.
Appassionato, viscerale, a tratti ironico, a volte odioso, incontra la dama nera durante la Mille Miglia del 1957.
Anche lei non resistette al suo fascino, portandoselo via.
Fu un incidente spettacolare e morirono, oltre a lui, anche nove spettatori.
Fu lo scoppio di una gomma a porre la parola fine alla carriera di questo ragazzo, nato con il demone della velocità in corpo.
Un campione incompiuto, che sicuramente sarà vicino nell’aldilà ad altri grandi del motorsport che non hanno mai conosciuto l’ebbrezza del trionfo definitivo.
De Portago come Villeneuve, Cevert, Bellof: dinamitardi del volante destinati ad essere ricordati per
sempre.
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