Nicola Larini, avrebbe meritato di più

Nicola Larini, avrebbe meritato di più
In #laformuladeigrandi di Galdieri

Si dice che i ‘geni’ non mentono mai e Nicola Larini prende tutto da suo padre Massimo che è driver ufficiale per l’Alfa Romeo.
Massimo Larini morirà al volante della 2000 GTAM alla 24 ore di Spa nel 1973, ma, nonostante tutto, il figlio Nicola Larini deciderà di intraprendere la carriera di pilota.
Si distingue sui Kart e nelle formule minori e, nel 1986, diventa campione italiano di Formula 3.
Il talento innato ed il piede pesante lo fanno debuttare in Formula 1, ma qui non ha mai a disposizione un mezzo competitivo.
Tra la Coloni con cui esordisce e la Ligier con cui gareggia successivamente, la zona ‘podio’ rimane un miraggio.
Le opportunità migliori arrivano dalla Ferrari che gli offre un posto di collaudatore e terzo pilota a fine 1990.

Nel 1991 per il toscano potrebbe esserci la svolta con il ‘Modena Team’ di Forghieri, che ha una monoposto  tutta nuova spinta da un prestante motore Lamborghini.
Purtroppo questa squadra è solo ‘fumo’, con monoposto funestate da innumerevoli problemi tecnici a cui si aggiungono, a metà stagione, quelli finanziari.
Le cose vanno male e, ad aggravare ulteriormente il quadro generale, ci si mette anche il rapporto con Mauro Forghieri con il quale Nicola Larini proprio non va d’accordo.
Deciderà di abbandonare la nave, concentrandosi solo sul suo lavoro di tester alla Ferrari e correndo con l’Alfa Romeo 155  nei campionati turismo italiano e tedesco.
Sarà uno dei più grandi interpreti della potente berlina del Biscione, capace di sfruttare al massimo ogni  centimetro di potenza del suo motore, divorando ogni cordolo, mettendo alla frusta la sua trazione integrale.

Entrerà nella storia vincendo nel 1993 il combattuto ‘DTM’ soffiandolo ad Audi, Mercedes e Bmw.
Un’auto italiana che vince in Germania, guidata da un italiano.
Probabilmente al solo ricordo di questa impresa  i più ‘viscerali’ e patriottici ‘petrolhead’ tedeschi provano  un forte dolore interiore.
Nicola Larini è, inoltre, l’ultimo driver del Belpaese ad aver portato a podio una monoposto del cavallino.
Accadde nello sciagurato Gp di S. Marino del 1994 in cui sostituiva Alesi che si era infortunato.
Otterrà un brillante secondo posto dopo essere stato anche al comando per svariati giri.
Nel 1997 ritorna al volante di una F1 come ‘ufficiale’ per intercessione di Todt, che impone alla Sauber (a cui forniva i motori) di prenderlo.
La squadra di Peter è però un ‘violino scordato’  e puntano tutto  sul più esperto Herbert, precludendo (anche per motivi economici) i test all’italiano.
Un trattamento davvero poco riguardoso nei confronti di un uomo da corsa  valido, capace di portare ‘quella carretta’ a punti nell’appuntamento d’esordio in Australia.
Deciderà di chiudere definitivamente con la F1 dopo Monaco 1997, dedicandosi principalmente alle gare turismo e Gt.
Veloce e senza peli sulla lingua (la politica non era il suo forte….) avrebbe sicuramente meritato di più.
Ma a volte, in Formula 1, solo il talento non basta.
Se fosse nato a Birmingham o a Glasgow  probabilmente la sua carriera avrebbe preso una piega diversa, perché è noto come il circus tenda a penalizzare chi non è di origine anglosassone.
Una situazione contro la quale i nostri piloti da sempre si scontrano e che speriamo, un giorno, finisca.



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