Honda City Turbo, piccola bomba giapponese
Classe 1981, la vettura dalle nobili origini ha un carattere da vera sportiva, nonostante la taglia small. Prima city car giapponese (lunga 3,38 mt) ad alte prestazioni, incarna tutti gli eccessi degli Anni Ottanta, ma riserva una sorpresa nel bagagliaio.
In Italia è stata fatta la sua conoscenza quando si entrava in sala giochi per divertirsi a “City Connection”, dove una scatenata utilitaria doveva saltare da una strada all’altra – con una grafica che ricordava il famoso “Donkey Kong” -, sfuggendo alle auto della polizia e cercando di non investire dei gatti.
Era proprio lei. Sotto al cofano, sul quale spuntava un evidente rigonfiamento asimmetrico, c’era il quattro cilindri in linea da 1.231 cm³ delle versioni normali, al quale era stata aggiunta l’iniezione elettronica ed un turbocompressore che entrava in azione dopo i 3.000 giri, elevando la potenza a 100 cavalli. Con un peso di soli 690 chili, la City Turbo scattava da 0 a 100 in 8,6 secondi e toccava i 175 km/h: numeri simili a quelli di una Renault 5 Alpine Turbo.
Esternamente la City Turbo non faceva nulla per nascondere il proprio carattere, a partire dal paraurti anteriore con fendinebbia integrati, dettagli rossi e adesivi “Turbo” praticamente in ogni angolo della carrozzeria. Per rimarcare il concetto, anche sullo schienale dei sedili, disponibili in opzione con la curiosa funzione che inviava suoni e vibrazioni provenienti dall’impianto stereo.
Un tachimetro digitale, circondato dal contagiri e da un indicatore di pressione, completava l’allestimento specifico della prima serie, anche se l’accessorio più caratterizzante e praticamente inscindibile nell’iconografia delle Honda City è il Motocompo: ovvero, uno scooter pieghevole da 50 cm³, lungo poco più di un metro e largo meno della metà, progettato per entrare nel bagagliaio ed essere estratto – il peso era di soli 45 kg – quando diventava necessario dribblare il traffico. Ecco svelata la sorpresa!
Con la Turbo II, uscita nel 1983, arrivarono vari aggiornamenti – su tutti l’intercooler -, che fecero guadagnare 10 cavalli (110 in totale), ma è il look che diventò ancora più tozzo e squadrato, tanto da far meritare alla piccola bomba l’appellativo di “bulldog”. Nel 1985 arrivò un leggero facelift: per il modello, però, rappresentò il canto del cigno, perché la produzione terminò nel 1986, con un totale di circa 10.000 esemplari realizzati.
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