Eugenio Castellotti,  nato per correre e vivere al massimo

Eugenio Castellotti,  nato per correre e vivere al massimo
In #laformuladeigrandi di alessandro fedullo

A volte la sorte è davvero benevola e ci mette nelle condizioni di fare ciò che amiamo di più.
Se la bella Angela Clerici (mamma di Eugenio Castellotti) non fosse stata l’amante del ricco Castellotti senior, uno degli uomini più influenti di Lodi, presso il quale prestava servizio come Colf, oggi probabilmente saremmo qui a raccontare una storia diversa.
Nasce come figlio della colpa, poi a nove anni il facoltoso genitore lo riconosce.

Castellotti ha la passione per le corse ed i motori, ma il padre non vuole.
Una volta deceduto il genitore, Eugenio può finalmente entrare in possesso della sua eredità e dedicarsi alle corse.
Si compra una fiammante Ferrari 166 MM, con la quale giunge sesto alla Mille Miglia del 1951.
Nel 1952 arrivano, contestualmente al suo impegno in Formula 2, le prime affermazioni con una splendida vittoria al Gp del Portogallo dedicato alla vetture sport.
Nel 1953 conosce Ascari che subito intuisce il potenziale di questo giovane dalla guida aggressiva. Inoltre,  ama anche la bella vita e le belle donne oltre alle auto.
Alberto lo riesce ad inserire nel programma Lancia di Formula 1 nato attorno alla veloce monoposto D50.

Le premesse per dominare ci sono tutte poiché Gianni Lancia ha investito tantissimo per essere ai vertici della massima formula, ma la morte di Ascari spegne il sogno della casa torinese sul nascere.
Il driver di Lodi sarà l’unico a portare in pista, con ottimi risultati (nonostante l’affidabilità precaria), la Lancia D50.
Ferrari lo ammira e decide di metterlo sotto contratto per pilotare le sue potenti vetture sport.
Siamo nel 1956 ed il buon Eugenio alterna i lunghi rettilinei delle piste di tutto il mondo (vince la Mille Miglia e la 12 ore di Sebring) alle grazie della bella Delia Scala.

Soldi, glamour e successo: non gli manca nulla.
Il colpo da maestro arriva al Gran Premio di Francia di Formula 1 dove, grazie ad un’attenta gestione del mezzo meccanico, è in testa.
Dovrà però rinunciare alla vittoria facendo passare Collins, perché messo meglio in campionato.
Uno smacco duro da mandar giù, ma da vero ‘uomo da corsa’ continuerà a spingere forte in ogni gara.
Nel marzo 1957 Enzo Ferrari lo chiamerà all’aereo autodromo di Modena per strappare il record del circuito a Jean Behra.

Qui avviene l’irreparabile poiché all’ingresso del rettilineo delle ‘tribunette’ perde il controllo della sua vettura, morendo sul colpo.
Una fine quasi scontata, un epilogo tragico comune a tutti coloro che decidevano di affidare la propria sorte  a delle bare alimentate da benzina a 100 ottani.
Lo scotto che doveva pagare chi amava negli anni ‘eroici‘  il motorsport.


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