Jo Siffert, leggenda a 100 ottani
Jo Siffert, una vera leggenda a 100 ottani.
Basta poco per innamorarsi del mondo dei motori. Per affezionarsi al piccolo Jo Siffert, poi, basta vedere una gara nel 1948 a Berna.
Purtroppo è povero e, per finanziarsi le prime imprese, deve fare il meccanico.
Esordisce in moto (grazie anche al facoltoso amico Benoit Fusy) dove ottiene con la Gilera ottimi risultati.
In sella alla Norton 350 diventa campione elvetico nel 1959 ed è pronto per il passaggio alle quattroruote.
In Formula 1 costruirà un fruttuoso sodalizio con Walker, con cui otterrà nel 1968 la prima vittoria al Gran Premio di Gran Bretagna (l’ultima vittoria per un team privato).
Alla ricerca continua di denaro, diventerà ambasciatore degli orologi ‘Tag Heuer’ che, grazie a lui, diventeranno i cronografi simbolo dei motori.
Il ‘Tag Heuer’ sarà per anni l’orologio più indossato dai piloti di Formula 1.
Allo svizzero si deve anche la nascita della ‘Doccia di Champagne’ sul podio poiché a Le Mans, nel 1966, gli partirà per sbaglio il tappo inondando la folla.
Il meglio di sè Jo lo dà nelle gare di durata, dove la sua esperienza gli permette di ottimizzare al meglio il mezzo meccanico.
Nel 1970 umilia alla ‘Targa Florio’ Nino Vaccarella e la Ferrari 512S al volante della Porsche 908 /03 con una gara tutta corsa a tavoletta che lo porta a sopravanzare di forza il siciliano alfiere del cavallino rampante.
Sempre ironico e sorridente, sarà amico di importanti stelle di Hollywood come Steve Mcqueen che, nel film “La 24 ore di Le Mans”, indossa una tuta identica alla sua.
Roger Moore, invece, in un episodio della serie ‘Attenti a quei due’, userà una vettura da corsa identica a quella di Siffert.
Nel 1971 troverà la morte al volante della Brm in una gara non valida per il mondiale di Formula 1.
Instancabile lavoratore del volante, era capace di prendere parte anche a più gare nel corso di un week end.
Un uomo da corsa, nato con il volante in mano e probabilmente con benzina al posto del sangue.
Un’altra leggenda ‘a 100 ottani’ dell’età aurea del Motorsport, in cui flirtare con una bella donna o con la morte ad ogni curva era, fondamentalmente, la stessa cosa.
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