Alfa Romeo Alfetta terza serie, eleganza sportiva
Sull’Alfa Romeo Alfetta si è praticamente detto quasi tutto e si sono spesi fiumi di inchiostro e parole per elogiarne la purezza della guida (garantita dal ponte De Dion derivato dalle corse) e l’aggressività della linea.
Se nella notte sentivi il rombo di un bialbero e scorgevi quattro iconici proiettori ‘Carello’, stai sicuro che era lei, l’Alfetta, la berlina più desiderata dagli Italiani.
Una delle auto, inoltre, più democratiche della storia, guidata praticamente da tutti: poliziotti, malviventi, giudici, professionisti, agenti di commercio ed impiegati.
Dalla spartana 1600 alla grintosa 1800, per tutti c’era l’Alfetta giusta.
Alla fine degli anni Settanta, però, i competitor (Bmw in primis) diventano sempre più pericolosi, tentando gli Alfisti con modelli dinamicamente validi con il plus di finiture e stile molto più moderni.
La berlina Alfa invece era figlia dei primi anni Settanta e concedeva poco o nulla al lusso ed alle comodità.
Cosi non poteva andare ed a Milano corrono ai ripari con la nuova Alfetta 2000, che sfoggia un design inedito con nuova calandra dotata di fari rettangolari, paraurti di foggia inedita e posteriore con proiettori più grandi e completamente ridisegnati.
Siamo nel 1977 e la scocca della ‘2000’ diventa ufficialmente la ‘base’ per la terza serie della fortunata quattroporte del biscione.
Anche le motorizzazioni più piccole ricevono in dote le migliorie estetiche, traghettando l’Alfetta negli anni Ottanta.
Anche gli interni sono più curati, con le versioni di punta come la ‘L’ che possono vantare ‘chicche’ come il condizionatore, la radica per il cruscotto, la pelle per i sedili, il tetto apribile e, volendo, per i più esigenti, anche il radiotelefono (un sistema molto arcaico che oggi farebbe sorridere).
Dimenticatevi l’Alfetta del ‘Gobbo‘ o quella del commissario Merli, la ‘MK3’ è un’auto con un’indole molto più discreta ed elegante, a suo agio anche nei contesti più esclusivi.
L’insonorizzazione è ampiamente migliorata, al punto che si può conversare amabilmente anche superati i 130 km/h e le ultime versioni vantano la sofisticata iniezione elettronica Bosch in luogo dei bizzosi ed assetati carburatori Weber.
La guida, purtroppo, non è all’altezza delle serie precedenti a causa del peso maggiore che accentua il sottosterzo nelle curve strette e delle sospensioni maggiormente votate al comfort.
Questo non vuol dire che la nuova vettura sia ‘noiosa’, ma gli irriducibili sentiranno sempre la mancanza delle prime versioni, rudi e cattive.
L’evoluzione dell’Alfetta era il prezzo da pagare al mercato, che già negli anni Ottanta cominciava la sua ‘deriva’ verso mezzi sempre più comodi e tecnologici, ma emozionalmente ‘aridi‘.
Uscita di produzione definitivamente nel 1984, dette un ulteriore saggio delle capacità di Alfa Romeo, capace di creare, con gli scarsi mezzi a disposizione, una berlina dall’eleganza sportiva capace di tenere testa alle più costose e moderne Audi, Bmw e Saab.
Con l’Alfetta ‘terza serie’ il biscione conservò ancora per qualche anno lo scettro nell’ambito delle berline medio/alte, salvo poi perdersi a causa di una gestione statale scellerata che consegnò il brand nelle mani di Fiat che, purtroppo, non fece sempre le scelte giuste. Il resto è storia recente che tutti conosciamo.
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