Alfa Junior Zagato, la Giulia aerodinamica scolpita dal vento
Le speciali erano cosa molto diffusa sulle nostre strade a cavallo tra i Sessanta ed i Settanta.
Basate su meccaniche Fiat, Alfa o Lancia e proposte da carrozzieri indipendenti, facevano battere il cuore di tutti coloro che desideravano sentirsi un po’ piloti anche nel tragitto casa – ufficio.
Linee aggressive, grossi carburatori, marmitte dal sound graffiante: questi erano i tratti salienti delle cosiddette fuoriserie.
Nel 1969 (nel bel mezzo del boom di tali sportive) Giuseppe Luraghi, patron dell’Alfa Romeo, sigla un accordo con Zagato per la produzione di una coupé su base Giulia, anche per dare un seguito produttivo al prototipo ‘Scarabeo’ proposto in partnership proprio con il carrozziere milanese.
La nuova auto è diversa da qualsiasi Giulia in circolazione, ha una linea estremamente aerodinamica ed un frontale con quattro proiettori destinato a fare scuole su moltissime altre Alfa, poiché sarà riproposto sulla ‘SZ’ e molti anni dopo, rivisitato, sulla berlina 159 e sul Suv Tonale.
A livello prestazionale la ‘Junior Zagato‘ (questo il nome voluto dal marketing) straccia facilmente le concorrenti, forte del motore bialbero e del suo ottimo telaio.
Grazie al design filante anche la velocità di punta era ragguardevole e, in un confronto ‘autostradale’, le dirette competitors Ford Capri 1300 e Opel GT ne uscivano pesantemente distrutte.
Nel 1972 arrivò la versione 1.6 (1570 cc) che elevò la velocità massima ad oltre 190 km/h.
In quell’occasione vengono anche ulteriormente migliorate le finiture interne.
La versione più potente è anche il canto del cigno della ‘Junior’, che uscirà di scena nel 1975.
Ormai il contesto è cambiato e non c’è più spazio per auto cosi di ’nicchia‘. Il grigiore di metà anni Settanta, dettato da crisi energetica e terrorismo, pone fine all’era delle ‘special’.
La piccola ‘Zagato’ è l’ultima di una categoria di ‘GT’ nate soprattutto per appagare la sfera emotiva, di quelle che appena le guardi ti viene voglia di prendere chiavi e guanti e di guidare in solitaria su un bel passo montano.
Roba di altri tempi per veri appassionati, gente che delle dimensioni interne, dei consumi o di altre cose del genere se ne importava molto poco.
Ciò che contava era solo avere un mezzo bello da guardare che, all’occorrenza, sapesse anche far sorridere ad ogni curvone.
Il resto era solo ‘barocco’ contorno.
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