Lamborghini Miura, Venere su ruote

Lamborghini Miura, Venere su ruote
In #Galdierirentracconta di alessandro fedullo


Difficile parlare della Lamborghini Miura senza rischiare di essere scontati e finire nel banale.
Sulla sportiva disegnata da Gandini e pensata da Dallara e Stanziani sognando la GT40 della Ford e la Ferrari 250 LM  sono stati versati fiumi d’inchiostro poiché quando uscì nel 1966 fece invecchiare di colpo tutte le supercar esistenti. Miura era eccessiva in tutto, nella potenza del suo dodici cilindri nato dall’estro di Giotto Bizzarrini e nel design che sembrava provenire direttamente da un’altra era.
Era nata una star, un qualcosa di apollineo che, mai come in questo caso  avvicinava l‘automobile ad un’opera d’arte.
La Jaguar E Type era sensazionale, ma non così eccelsa.
Miura era, invece, Venere scesa in terra e fattasi auto.

Guardandola bene possiamo vedere nel suo modo di essere i contrasti della terra italica che le ha dato i natali, con la bellezza della sua linea, armonica e sinuosa come il corpo di una bella donna, a cui fa da contraltare la brutalità del suo motore 12 cilindri, il cui sound agli alti regimi sarebbe capace di zittire anche i flauti di Dionisio.
E’ stata in produzione fino al 1973 dopo essersi evoluta in versioni ancora più cattive come la ‘SV’ forte di 385 cv, strettamente imparentata con la ‘Miura Jota’, prototipo di 440 cv alleggerito con pannelli in ‘avional’   ed irrigidito nelle sospensioni.

Chi ha avuto il privilegio di guidarla tra la fine dei Sessanta  e l’inizio dei Settanta ha il merito di aver fatto diventare appassionati di auto tutti i ragazzini che l‘ hanno vista.
L’unico difetto di questa  coupè’ era la sua inaccessibilità, dato che solo chi era molto benestante poteva permettersela.
Certa bellezza dovrebbe essere invece per tutti, un po’ come la Cappella Sistina.
‘Miura’ ha dato vita al concetto  di ‘Hypercar’, che ha ispirato molti costruttori che si sono cimentati negli anni nella progettazione di mezzi sensazionali.

Nessuno però, nonostante gli sforzi, ha raggiunto Lamborghini.
Nemmeno la stessa casa di S. Agata bolognese è riuscita ad eguagliarsi, poiché nessuna Lamborghini venuta dopo ne ha eguagliato il fascino.
Una meraviglia che dovrebbe diventare patrimonio dell’Unesco ed essere esposta agli Uffizi di Firenze..


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