Lancia Gamma Coupé, l’ultima GT progettata interamente da Lancia
Esistono automobili che avrebbero meritato maggiore successo nella loro carriera, ma che, a causa di scelte sbagliate, sono state dei mezzi ‘flop’.
La Lancia Gamma Coupé è purtroppo tra queste.
Sulla carta aveva tutto per riuscire bene: motore boxer interamente in alluminio, caratterizzato da una corposa erogazione ai bassi regimi e da un bel tiro agli alti, trazione anteriore (che Lancia ormai sviluppava da anni), garanzia di tenuta anche in condizioni stradali critiche, interni comodi e ben rifiniti e linea, disegnata da Aldo Brovarone, che era semplicemente un capolavoro.
Presentata nel 1976 assieme alla gamma berlina fece innamorare tutti, sia per gli avanzati contenuti tecnologici sia per il rinnovato linguaggio stilistico, di rottura rispetto alla ‘barocca’ Lancia 2000, ma ugualmente di grande classe ed impatto.
La nuova Coupé faceva invecchiare di botto ogni vettura appartenente allo stesso segmento.
Purtroppo, però, ogni rosa ha le sue spine e la ‘Gamma‘ soffre di problemi alla cinghia di distribuzione in gomma, imposta da Fiat per risparmiare sui costi e non dimensionata bene per le sollecitazioni di un motore boxer.
Altra grossa lacuna progettuale era costituta dal servosterzo, collegato all’albero motore non attraverso una seconda cinghia servizi, ma azionato direttamente da uno degli alberi a camme, cosa che comportava, qualora si fosse parcheggiata l’auto a ruote non dritte, il cedimento della cinghia del servosterzo a causa dello sforzo enorme derivante dall’avviamento del motore ed il contemporaneo azionamento della pompa idroguida, con conseguenti danni molto gravi a camme e valvole.
Inutile dirlo, molti possessori di ‘Gamma’ rimasero a piedi e la credibilità del marchio, già provata dalle ‘Beta’ che arrugginivano, ne uscì ulteriormente distrutta.
Con la seconda serie del 1980 i problemi furono in parte risolti, ma Fiat preferì, nel 1984, abbandonare il progetto concentrandosi sulla ‘Thema’.
La ‘Gamma Coupé rimane l’ultima GT progettata interamente in Lancia, vittima di un collaudo non accurato e di economie di scala che non appartenevano al brand di Chivasso.
Un’auto dal fascino intellettuale, paragonabile ad una bella donna che indossa un paio di occhiali.
Un mezzo, oggi, da custodire gelosamente poiché l’ultimo ad avere il DNA ‘reale’ Lancia, marchio che ha fatto scuola e scritto le pagine più belle del motorismo italiano ed europeo
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