Mini Cooper S R53, brividi volumetrici

Mini Cooper S R53, brividi volumetrici
In #Galdierirentracconta di alessandro fedullo

La riedizione in chiave moderna della mitica ‘Mini Minor’ nel 2001, dopo le iniziali perplessità da parte degli appassionati estimatori del modello e della stampa specializzata, lasciò subito spazio all’entusiasmo poiché la nuova vettura aveva ancora intatto il ‘Go-kart feeling’ dell’antenata.
Mancava una cosa però fondamentale: i cavalli.

La versione entry-level ‘One’ aveva solo 90 cv, mentre la più sportiva ‘Cooper’ 116cv.
Troppo pochi per divertirsi con una scocca comunque che superava ampiamente i 1120 kg.
La ‘Cooper’ andava, ma non abbastanza.
I tecnici della ‘Mini’ quindi (ormai un brand parte integrante del gruppo Bmw dopo la vendita della Rover) decidono di creare una ‘Super- Cooper’, che finalmente abbia prestazioni degne del nome che porta.
Ad Oxford non hanno un grande motore su cui lavorare, poiché il monoalbero Pentagon (un’eredità della Rover, nata da una Joint venture con gli americani di Chrysler) è un propulsore robusto, ma dall’indole molto fiacca.

Ha poi il basamento in ghisa, il che non lo rende un peso piuma a tutto discapito delle prestazioni.
Come vitaminizzare un motore di scuola ingegneristica americana, senza rischiare di perdere l’affidabilità colmando il difetto più grosso (la mancanza di spinta ai bassi)?
Semplice, con un bel compressore volumetrico.
Il Volumetrico cambia il volto al cuore della Mini, rendendolo reattivo a tutti i regimi senza gli svantaggi dei turbocompressori ancora soggetti, in quei primi anni 2000, a dei fastidiosi ‘turbo-lag’.
163 cv, doppio scarico ed un sound che, in accelerazione, ricorda il miagolio di un gatto selvatico: era nata una Mini molto cattiva.
Il nome venne spontaneo ,“Mini Cooper S”, in onore delle inglesi più pepate che, negli anni Sessanta, erano mattatrici in pista e nei rally.
Viene studiato anche un nuovo cambio a sei rapporti dalla ‘Getrag’ che, finalmente, garantisce cambi di marcia veloci e precisi a differenza del ‘Midland’ delle One e Cooper, derivato da quello della Rover 200.

Anche le carreggiate vengono allargate e l’assetto reso ancora più rigido, poiché la Cooper S non scherza.
In strada era un ‘Veleno’, capace di mangiarsi le curve come nessuna compatta in circolazione raggiungendo, nonostante l’aerodinamica non proprio favorevole, una velocità massima di quasi 240 km/h.
Facile quindi lasciarsi dietro la maggior parte delle auto in circolazione in quel periodo.
Unico neo il prezzo: all’epoca del lancio (2002) una Cooper S ben accessoriata poteva tranquillamente superare i 30.000 euro.
Nel 2004 arriva un restyling che porta ad un nuovo cambio con rapporti accorciati ed un compressore volumetrico più robusto rivestito con trattamento al ‘Teflon’.
Nel 2006 esce di produzione, dopo un serie limitata chiamata ‘GP’ ulteriormente potenziata ed alleggerita.
Un’auto fantastica, uno di quei regali che i progettisti hanno fatto ai ‘petrolhead‘ di tutto il mondo per ricordargli uno dei più supremi piaceri della terra: guidare.

 


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